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Atti Parlamentari - 15 luglio 1952

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18 giugno 1952: Durante la discussione alla Camera del bilancio delle Poste e Telecomunicazioni, arrivano i primi commenti ufficiali alla convenzione del gennaio '52 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 5 aprile 1952, con D.P.R. n.82). A porre per primo il problema è il deputato del PSI Giovanni Pieraccini:"La convenzione che reggeva la concessione della RAI era del 1927 (...), quindi era opera del regime fascista, stipulata con criteri del regime fascista. La convenzione scadrà il 27 dicembre 1952, senonché la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato già un decreto che rinnova alla Rai la concessione stessa, evidentemente innovandola. Ora il problema è questo come sono state fatte queste trattative? da chi? quando? a conoscenza dell'opinione pubblica, alla luce del sole, con un ampio dibattito, oppure no? Queste trattative e questi accordi sono avvenuti, invece, si può dire, fra pochissime persone. Alcuni sostengono che le trattative siano state condotte addirittura solo da tre o quattro persone; dal rappresentante ufficiale del ministero delle Poste, e cioè il signor Albino Antinori, dal rappresentante della Rai Ridomi, dal Ministro Spataro e pochi altri (...) Ora, è ammissibile questo? (...) E' mai possibile che, a un certo momento, addirittura all'improvviso, si decida di un fatto di tale importanza senza che l'opinione pubblica venga interpellata, senza che il Parlamento ne venga messo a conoscenza?" Poi, più avanti:"Sapete che erano in corso a Milano iniziative di gruppi privati che richiedevano fosse loro concessa in libera concorrenza la diffusione della televisione; ma sta di fatto che questi interessi, non certamente difesi da noi, ma tuttavia interessi costituiti e reali nel paese, non sono stati ascoltati. Vi era un'iniziativa in corso, sostenuta anche dal Corriere della Sera. Essa è stata bloccata in anticipo dal monopolio che la RAI ha ottenuto". Il ministro Spataro, nella risposta data durante la seduta di due giorni dopo, ribadisce la posizione già espressa in altre occasioni, cioè che "il Consiglio Superiore tecnico delle telecomunicazioni ha dichiarato inaccettabile la domanda perché il servizio della televisione deve essere assicurato a tutte le regioni italiane e non solo a quella più ricca" (Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, Discussioni. Sedute del 18/6/52 e del 20/6/52). Il criterio espresso da Spataro è stato considerato finora la motivazione ufficiale della nascita di un monopolio televisivo Rai: la televisione doveva essere un servizio realmente nazionale e diretto a tutti. Abbiamo visto, però, che questa interpretazione, accettata per buona negli anni a venire anche dagli avversari del monopolio, giustifica soltanto la concessione del servizio alla Rai che, in effetti, forte della sua esperienza e degli investimenti che aveva programmato, era davvero l'unico ente capace di coprire l'intero territorio nazionale con un solo servizio di televisione. Spataro infatti, alla Camera, propone una forzatura quando afferma che gli industriali milanesi volevano l'esclusiva della televisione in Italia: il Corriere della Sera, che ha dato voce a questo primo tentativo di costituire in Italia una TV commerciale, ha sempre affermato esattamente il contrario, e cioè che l'iniziativa lasciava spazio alla nascita di due diverse stazioni in concorrenza, ma anche che quella privata avrebbe coperto solo la zona della Lombardia. C'è poi la questione dell'anticipo del rinnovo della concessione di circa un anno rispetto all'anno di scadenza: il problema era stato posto al senato dallo stesso sen.Grisolia e dal sen.Leo Leone, indipendente di Sinistra. Questa la risposta del ministro Spataro: "Il rinnovo della concessione, effettuato, come ho detto, il 26 gennaio di quest'anno, non poteva essere rinviato, sia per gli ingenti investimenti che la RAI stava eseguendo ed era in corso di eseguire, per il rinnovo e il forte ampliamento degli impianti radiofonici, sia per affrontare senza ulteriore indugio i problemi della televisione. L'impianto di una rete di trasmettitori televisivi ed il relativo esercizio si presentano onerosi e di difficile esecuzione ed un solo organismo, che già possedeva impianti consimili, attrezzature sfruttabili, anche per il nuovo servizio, quadri e competenze tecniche già collaudate, poteva dare affidamenti di realizzare, anche in Italia, il servizio della televisione (...) Occorre anche tenere presente che, avendo la televisione le stesse finalità culturali e sociali della radiofonia ed essendo entrambe destinate a raggiungere lo spettatore a domicilio senza alcuna possibilità di controllo preventivo, anche l'orientamento morale nella impostazione dei programmi ed il senso di responsabilità acquistato per lunga esperienza nell'esercizio del servizio radiofonico costituiscono una seria garanzia affinché - anche nel servizio di televisione - siano rispettati quei princìpi di opportunità e di sensibilità già acquistati nei riguardi del pubblico dalla concessionaria dei servizi radiofonici"

Atti Parlamentari - Senato della Repubblica - Discussioni - 15 luglio 1952


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