5 maggio 1964: Il Corriere della Sera pubblica in terza pagina un articolo di Indro Montanelli intitolato "Il teleschermo avvelenato". "Ogni sera, accendendo il video - recita il sommario - respiriamo i tossici di una propaganda intesa a scalzare la libertà e quel poco di laicismo che c'è ancora nel nostro Paese. In mano a persone politicamente doppie la televisione viene usata per sabotare e affossare lo Stato democratico che agisce contro se stesso". Prendendo spunto da una serie di trasmissioni sulla resistenza, Montanelli lancia un violentissimo atto d'accusa contro la RAI, colpevole di proporre una costante propaganda filo-comunista. Dopo una serie di esempi su avvenimenti di attualità dell'epoca, Montanelli scrive: "Potremmo continuare all'infinito. Ma non riusciremmo mai a dare la misura di un sabotaggio che ricorre alle malizie più sottili e impalpabili. Fate caso, per esempio, al gioco delle luci e delle inquadrature. Quando è in scena Togliatti vien fuori - non si sa come - un imperatore romano. Quando è di scena Scelba, un questurino. L'altra sera insisterono a riprodurlo di spalle per mostrare la sua collottola corta e tozza. Il primo piano di Malagodi viene inframezzato da quello di un'ascoltatrice: una signora elegante, assunta a simbolo della borghesia reazionaria. Durante la ripresa d'una seduta parlamentare, voi non vedrete mai un deputato comunista che sonnecchia e si distrae. Ma se un socialdemocratico fa una smorfia o si soffia il naso, è visto e preso dal teleobiettivo". Montanelli prosegue ricordando che di queste cose si è discusso anche in Consiglio dei Ministri, senza però che venissero presi provvedimenti. Il perchè lo spiega poco dopo: "La TV è intoccabile - prosegue l'articolo - Lo è per una manovra di Fanfani, che quando era capo del governo fece di essa un suo particolare feudo. E' una storia da opera buffa, degna in tutto del nostro paese. La Rai è una società privata per azioni. Queste azioni sono quasi tutte in mano all'IRI, che ne detiene il 95 per cento. L'IRI, azienda di stato, propone il presidente, il consigliere delegato e il direttore generale della TV. Ed è lo Stato che li approva e li nomina. Però il ministro delle partecipazioni statali, che sulla TV avrebbe competenza, ha dichiarato che non può esercitarne nessuna perchè si tratta di un'azienda autonoma. Quindi noi ci troviamo di fronte un'azienda che, in realtà, è dello Stato, ma che lo Stato non può controllare perchè in teoria è privata". In base allo statuto, prosegue l'articolo, il potere di decidere sarebbe nelle mani di un comitato direttivo. "Ma nel '62 questa situazione fu sconvolta da Fanfani, che tolse tutti i poteri amministrativi non solo al comitato, ma anche al presidente, per attribuirli in blocco al consigliere delegato Rodinò. Costui si impegnava a lasciare al direttore generale Bernabei, luogotenente di Fanfani, il controllo politico". Montanelli ricorda poi gli elementi che, leggendo il bilancio Rai, lo hanno lasciato perplesso: oltre 500 milioni in "regali e liberalità verso singole persone" e le centinaia di milioni spesi per "consulenze". Milioni spesi per una cifra indefinita di collaboratori esterni scelti da Bernabei fra le "pecorelle" della sua parrocchia, e milioni spesi per "non andare" in TV, per "comprare i silenzi". La Rai ha bisogno anche di questo, spiega il giornalista del Corriere, per contrabbandare sotto banco la sua merce. "E' la merce più pericolosa che sia in circolazione nel nostro Paese. Ogni sera, accendendo il video, noi respiriamo il gas illuminante condito di acqua santa e di colonia. Nell'arte di disarmare i padroni di turno, Bernabei e soci non hanno rivali. Ogni passo, ogni gesto, ogni parola del Papa è pretesto di un lungometraggio. Non è il Santo Padre che lo chiese, si capisce. Così come non è il presidente Moro, ne siamo sicuri, che ha imposto alla TV d'imbottire per cinque giorni il cranio degl'italiani con la sua visita di Londra (...). In Italia il servilismo non ha mai avuto bisogno di ordini che lo sollecitino. E' una vocazione. Ma in questo caso non disinteressata". Perchè, pagato il tributo d'obbligo alle autorità, si può impunemente, spiega Montanelli, "procedere al quotidiano avvelenamento". Chirurghi dell'operazione sono due cattolici comunisti, "due volte clericali, dunque". Nessuno chiede al capo del governo di fare della TV uno strumento di regime, conclude Montanelli, perchè "saremmo noi i primi a protestare contro questa truffa totalitaria; chiediamo soltanto che il regime non ne faccia uno strumento per abbattere se stesso. Ci sono dei valori che non appartengono a nessun partito perchè sono patrimonio di tutta la democrazia. Per la loro salvaguardia noi non abbiamo mai contestato il contestabile diritto dello Stato a disporre della TV. Pensavamo che solo lo Stato potesse garantirci una informazione onesta, oggettiva, senza ammiccamenti, equivoci e sottintesi. Pensavamo che lo stato no avrebbe agito contro se stesso. E ci sbagliavamo"
Corriere della Sera - 06 maggio 1964
Kommentare