Il “Dopo Festival” di Fuortes
- nmkstudio
- 17 feb 2023
- Tempo di lettura: 2 min
Sanremo ha fatto il pieno di ascolti e di polemiche. Si mette male per “l’anatra zoppa” -

Per il BelPaese è un “Dopo festival” pieno di contraddizioni quello che ci riconsegna Sanremo. Un’Italia in cui l’asticella dello share della kermesse canora schizza al 63% e quella dell’affluenza alle urne crolla al 40. Un’Italia in cui la Rai abbatte tutti i record con il 73esimo festival di Sanremo, dagli ascolti (media di 10,7 milioni) alla raccolta pubblicitaria (oltre 50 milioni). Eppure l’Agcom apre un’indagine sull’Ariston sospettando di svarioni editoriali, pubblicità occulta e mancato rispetto della tutela dei minori. E parte del Palazzo chiede la testa dell’amministratore delegato, Carlo Fuortes, del direttore del prime time, Stefano Coletta, e anche di Amadeus ("Se mi mandano via me ne vado") che ha già in mano il contratto per la quinta edizione consecutiva. Ci manca solo che qualcuno se la prenda con Fiorello…
Per Viale Mazzini, insomma, il difficile arriva ora che il sipario dell’Ariston è calato. Fuortes – con il budget approvato sul filo di lana – deve arrivare all’approvazione del bilancio 2022 e del nuovo contratto di servizio, passando prima (forse ad aprile) per quella del piano industriale. Lui va ripetendo che il suo mandato scade a luglio del 2024 e che crede “che il lavoro fatto possa essere completato”. Ma in casa deve scontare le turbolenze del suo stesso board (Lega, Forza Italia e M5S lo hanno scaricato), dei sindacati, e lo scalpitare di alcuni dirigenti interni che non vedono l’ora di metterlo nell’angolo per un interregno in attesa di stendere il red carpet - nella prossima “Legislatura” Rai – al “plenipotenziario” di Giorgia Meloni: Giampaolo Rossi.
Dal governo poi – prossimo a togliere il canone dalla bolletta elettrica - sono in molti a mandargli segnali poco rassicuranti. Il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, parlando col Corriere della Sera spiega: “Nell'ambito delle nomine, faremo scelte anche sulla Rai, come sempre avviene: c'è un ruolo del Parlamento, del governo, dell'azienda, dei giornalisti. Si vuole parlare di cambiare il sistema, di chiudere la lunga fase della lottizzazione? Parliamone. Ma vale per tutti, non è che si può fare solo ora e solo quando noi siamo al governo...”. Come dire, non si cambiano le regole del gioco ora che la palla ce l’abbiamo noi…
Giorgio Mulé, deputato di FI e vicepresidente della Camera, in un’intervista su la Repubblica rincara la dose. Vanno cambiati i vertici Rai? “Una riflessione va fatta. La Rai ha una malattia che questo Festival ha aggravato. Dal punto di vista contabile è un fallimento”. Il destino dell'amministratore delegato è segnato? “Io penso che debbano essere gli stessi vertici Rai a dimettersi. Ci sono anche scadenze con cui fare i conti: l'attuale cda scade nel 2024. Lasciare l'ad al suo posto con consiglieri diversi equivarrebbe a un'anatra zoppa, ci infileremmo in un ulteriore vicolo cieco”. Immagina anche lei un "affiancamento" di Fuortes attraverso la nomina di un direttore generale? “Potrebbe essere una soluzione per traghettare la Rai in modo ordinato verso un nuovo corso. Ma ci sarà un bagno di umiltà da parte di Fuortes? Finora abbiamo assistito a inutili martirologi”. E dietro l’angolo dell’ad Rai c’è pure l’insediamento della commissione di Vigilanza sulla Rai. Mala tempora currunt…
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