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La Stampa - 18 ottobre 1953

  • nmkstudio
  • 18 ott 1953
  • Tempo di lettura: 2 min

18 ottobre 1953: Paolo Monelli, dalla terza pagina della Stampa, lancia un vero e proprio anatema contro la televisione in un articolo intitolato "Sperammo invano che in Italia la televisione non si avverasse mai": "Per qualche tempo l'alto costo degli apparecchi terrà immuni le famiglie borghesi - scrive tra l'altro Monelli - ma è inutile illudersi, gli apparecchi verranno a buon mercato, e con la vendita a rate accessibili a tutti. Se in questi anni l'Italia è rimasta un po' addietro, riprenderà il suo posto all'avanguardia delle nazioni in marcia verso il progresso; un progresso all'in giù, voglio dire, una società di analfabeti, di conformisti, di meccanizzati, in cui non ci sarà più posto per la varietà e l'imprevisto della vita, per la libera scelta dell'attività e dello svago". Poi, dopo aver tracciato il quadro delle modificazioni che l'avvento della televisione ha portato negli Stati Uniti, inizia la parte più dura della polemica, là dove si scaglia durissimamente contro il monopolio: "In America, almeno, le società trasmittenti sono molte, e in concorrenza tra loro. Ma in Italia, secondo il nostro sistema - eravamo il popolo più individualista l'Europa, oggi siamo più di ogni altro schiavi del monopolio - avremo un solo ente trasmittente, i programmi saranno nell'arbitrio di quel solo ente, eventuali visioni di società straniere dovranno passare al suo vaglio. Se la televisione prenderà in Italia la voga che ha preso in America, se anche da noi diverrà l'unica o quasi unica fonte di passatempo, di volgarizzazione, di diffusione di concetti politici, di gusti letterari ed artistici, di celebrazione di questo o quel principio o di questo o quell'individuo, questa sola fonte sarà manipolata, dosata, conciata secondo la scelta, l'estro, il capriccio, i preconcetti, le storture di poche persone. Paurosa eventualità, siano anche quelle poche persone le più intelligenti, le più eclettiche, le più liberali di tutta la nazione"

La Stampa - 18 ottobre 1953


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