6 luglio 1965: La Corte Costituzionale respinge le istanze sollevate dal Tribunale di Ascoli Piceno, legittimando così il pagamento del canone , il principio della concessione in ambito di radiodiffusioni e lo stesso monopolio Rai. "Il monopolio statale televisivo è da considerarsi perfettamente inquadrato in quei principi costituzionali secondo i quali, ai fini di utilità generale, la legge può riservare allo stato o a enti pubblici determinate imprese che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio che abbiano carattere di preminente interesse generale" (Sentenza della Corte Costituzionale 6/6/65, e Corriere della Sera 7/7/65)."Il caso Talamonti - sottolinea Guido Guarda - ha riproposto la questione se l'utente moroso sia perseguibile penalmente, in quanto il canone di abbonamento alla radio e alla TV è equiparabile ad una qualsiasi altra tassa. Ma dietro a questo problema fiscale sta l'assai più delicato quesito relativo al contrasto evidente fra il diritto-dovere dell'amministrazione statale di esercitare un controllo sulle utenze, alla stessa stregua di un qualsiasi altro servizio pubblico e il presunto carattere privato dell'azienda che gestisce il servizio radiotelevisivo (...) Il pasticcio cominciò una decina d'anni fa, allorché tre società private - di Napoli, di Roma e Milano - chiesero una licenza di gestione d'una stazione televisiva commerciale. La richiesta, dopo numerosi solleciti, fu respinta. Le società si appellarono e la questione venne sottoposta alla Corte Costituzionale. Enrico De Nicola, che ne era il presidente, manifestò in più occasioni quale fosse il suo pensiero in proposito. Il vecchio presidente era proverbiale per la sua integrità morale, ma, proprio per questo, era l'uomo più dimissionario d'Italia. Dopo aver retto l'importante incarico tra il 1956 e il 1958, rassegnò le dimissioni. Nel 1959 morì. E un anno dopo, nel 1960, la Corte Costituzionale pronunciò la nota sentenza che dava torto alle tre società provate e riconfermava la legittimità della gestione dei servizi radiotelevisivi in esclusiva da parte della Rai. La sentenza provocò numerose e gravi perplessità, non soltanto negli ambienti politici ed economici che potevano essere interessati ad esprimere critiche negative, ma anche nei più qualificati ambienti della magistratura stessa (...). E' il caso di notare che in questi cinque anni trascorsi dalla sentenza il Parlamento non è stato capace nè di rispettarla, nè di farla rispettare, nemmeno nella sua raccomandazione conclusiva, che forse è l'unica parte del documento che sta in piedi. i riferiamo a quel passo nel quale si afferma che lo Stato monopolista deve gestire il servizio pubblico di radiotelevisione 'in condizioni di imparzialità e di obiettività'"
Settimana TV - 25 luglio 1965
Comments